NESSUNO NASCE NESSUNO MUORE
(Ne “La Tempesta”)
.Nel senso che tutto è fermo ed immutabile. Ne “La tempesta”. Nella vicenda tutto
inizia quando tutto è già avvenuto. Si tratta solo di riannodare i fili
pendenti delle vicende precedenti. Non ignorando che quanto si rappresenta a
teatro è solo una finzione. Che
intende riparametrare il reale, che forse non è quello visibile. O, se lo è,
sarebbe solo la riproduzione di quello vero. Quindi una finzione. Giorgio Strehler
è probabilmente uno dei pochi, (nella rappresentazione scenica della stagione
1977/78) ad aver compreso il senso del dramma (poiché di dramma si tratta,
nonostante l’apparenza del lieto fine) che è quello di essere la
riparametrazione allegorica di un quid
(l’esistenza) che si è soliti definire
reale ma che reale non è, poiché ciascuno se lo raffigura in un modo diverso.
Ed è questa la ragione per la quale il Regista (G.Strehler)
fa evidenziare sulla scena i marchingegni che producono il vento, la tempesta e
quant’altro. Anch’essi finzioni.
Se ne rende conto lo stesso Autore (Shakespeare), profondamente scoraggiato, che, evidentemente dopo aver fatto un bilancio della propria vita, ci lascia ancora una volta un suo messaggio (in effetti l’ultimo, poiché la Tempesta è del 1611 e Shakespeare lasciò il mondo dei viventi il 23/4/1616). Indicandoci che la sua opera è la riparametrazione allegorica della nostra stessa esistenza. Nella quale tutto sembrerebbe doversi modificare e cambiare ma nulla di ciò effettivamente accadrà. Rimarrà solo l’esigenza del cambiamento e nient’altro. Ed anche la saggezza non potrà esserci di aiuto o conforto. Poiché è fine a se stessa. Cioè non è di nessuna utilità pratica. In quanto siamo sovrastati e dominati dall’” amore per il nulla e dalla paura del tutto” (cfr. AUDEN e KIERKEGAARD) e non ci siamo resi conto che il mondo intero è un’illusione (“the great globe..shall dissolve”) e “ noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” (atto IV, 1, 156) e quindi la nostra stessa vita è un sogno ( ed a volte, per taluni, un bel sogno).
Se ne rende conto lo stesso Autore (Shakespeare), profondamente scoraggiato, che, evidentemente dopo aver fatto un bilancio della propria vita, ci lascia ancora una volta un suo messaggio (in effetti l’ultimo, poiché la Tempesta è del 1611 e Shakespeare lasciò il mondo dei viventi il 23/4/1616). Indicandoci che la sua opera è la riparametrazione allegorica della nostra stessa esistenza. Nella quale tutto sembrerebbe doversi modificare e cambiare ma nulla di ciò effettivamente accadrà. Rimarrà solo l’esigenza del cambiamento e nient’altro. Ed anche la saggezza non potrà esserci di aiuto o conforto. Poiché è fine a se stessa. Cioè non è di nessuna utilità pratica. In quanto siamo sovrastati e dominati dall’” amore per il nulla e dalla paura del tutto” (cfr. AUDEN e KIERKEGAARD) e non ci siamo resi conto che il mondo intero è un’illusione (“the great globe..shall dissolve”) e “ noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” (atto IV, 1, 156) e quindi la nostra stessa vita è un sogno ( ed a volte, per taluni, un bel sogno).
Bluewind
Sempre affascinante,Mimmo,il tuo navigar fra Storia e attualità.
RispondiEliminaUna sola cosa continua a meravigliarmi.il tuo restare cocciutamente fedele al tuo stato di "single".Così almeno affermasti in più occasioni.Questo mi trovò sempre stupita e impreparata,persino incredula che,persone come "te" alla "rete" non sfuggono,anzi la rete si strnge a capio.Mirka
spero solo che il cappio sia piuttosto largo. Ciao. Mimmo
Eliminaè ovviamente chiaro che il "capio" sfggì alla sua doppia "p" che benignamente correggesti tu,credo pur con il sorriso.
RispondiEliminaMirka
Ma che strane reti sono queste che hanno un cappio ? Ciao. Mimmo
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