IL COLORE DELLA
NOTTE
Potrebbe anche stupire chiunque abbia posto dei paletti al
proprio modo di considerare l’esistente, che un sacerdote (musico musicista,
compositore di venti opere di musica liturgica, di sedici opere liriche, di ottantacinque
duetti da camera , vissuto dal 1655 al 1728) sia rimasto per diversi secoli “oscurato” (si, proprio questa è la
parola giusta: “oscurato”). Trattasi di Agostino Steffani (recentemente. riscoperto
da Cecilia
Bartoli, non nuova ad imprese del genere, ed il cui album/disco “Mission”,
ed Decca, sarà in commercio dal 24/9), Ebbe ai suoi tempi periodi di notorietà,
ma attualmente trovasi in una singolare “nebulosa informativa”
(nulla avviene senza una ragione e senza uno scopo). Ebbe a svolgere attività
di sacerdote, di diplomatico, forse di spia (trattandosi di un cattolico,
inviato in missione ufficiale in un paese protestante: la corte di Vienna). Per
l’italica gens trattavasi di un
compositore tedesco. Per i tedeschi
era un compositore italiano. (Si
perpetuava in tal modo quello, che dall’epoca napoleonica, era avvenuto per il “mal cortese” (la sifilide). Che, in Italia era denominato “mal francese” ed in Francia “mal
napoletano”. Ed anche recentemente la vicenda, nel suo complesso, nella
attuale giornalistica messa in luce di
intrighi e sospetti sulla S. Sede, hanno sospinto una scrittrice giallista (Donna Leon), notissima all’estero ma sconosciuta in Italia, ad
inserire lo Steffani in una sua
trama nel romanzo “I gioielli del Paradiso”,
da poco tempo in circolazione (all’estero).
C’è solo da chiedersi come,occupato in tutte le attività sopra descritte, lo Steffani abbia potuto anche occuparsi di musica, cioè di arte. E quale affinità, complementarietà o compatibilità possa ipotizzarsi tra la sua attività sacerdotale e le sue composizioni musicali che, come quello che accompagna il post, riguardano messe in scena ed esistenze umane fastose, che mal si conciliano con i principi di una buonistica religiosità catechistica ( costruita da precetti e ritualistiche ripetute ed, a volte, anche corrette. Come ad es. la funzione domenicale). Ma proprio questo è il “miracolo” dell’arte. Mediante la quale è possibile penetrare in qualsivoglia dimensione, godendone, senza rimpianti e con una partecipazione senza colpe. Perché l’arte (e la musica con essa) riscalda l’animo ed, a volte, anche il cuore. Che è ciò che ritiene anche A. Blok (il grande poeta russo) quando osserva ( in “come è penoso andare tra la gente”; cfr. il post precedente) : “ che il mulinello dell’essere, solo nei riflessi dell’arte l’uomo vede”. Ed a volte, fa sembrare la notte meno buia.
C’è solo da chiedersi come,occupato in tutte le attività sopra descritte, lo Steffani abbia potuto anche occuparsi di musica, cioè di arte. E quale affinità, complementarietà o compatibilità possa ipotizzarsi tra la sua attività sacerdotale e le sue composizioni musicali che, come quello che accompagna il post, riguardano messe in scena ed esistenze umane fastose, che mal si conciliano con i principi di una buonistica religiosità catechistica ( costruita da precetti e ritualistiche ripetute ed, a volte, anche corrette. Come ad es. la funzione domenicale). Ma proprio questo è il “miracolo” dell’arte. Mediante la quale è possibile penetrare in qualsivoglia dimensione, godendone, senza rimpianti e con una partecipazione senza colpe. Perché l’arte (e la musica con essa) riscalda l’animo ed, a volte, anche il cuore. Che è ciò che ritiene anche A. Blok (il grande poeta russo) quando osserva ( in “come è penoso andare tra la gente”; cfr. il post precedente) : “ che il mulinello dell’essere, solo nei riflessi dell’arte l’uomo vede”. Ed a volte, fa sembrare la notte meno buia.
Bluewind
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