domenica 26 agosto 2012

" Io che una volta ero.." (Marina Ivanovna Cvetaeva)


IO CHE UNA VOLTA ERO….

Sta avendo successo la moda degli eremi e dei monasteri. Forse per la crisi dei valori oltreché delle finanze (vi si praticano prezzi moderati). Ci si rifugia, a volte con moglie e figli, la middle class (o quello che ne rimane ancora). Si tratta di insegnanti, pensionati, professionisti commercianti, impiegati….Vi si possono fare lunghe passeggiate nei boschi, vi si può avere il conforto della preghiera (quando vi si partecipi) e la consolazione del silenzio. Con l’ulteriore consolazione di materie prime ben coltivate e ben cucinate. E la prospettiva di un ritorno in città ed alle rispettive adorate consuetudini. E poi si possono anche fare buone conoscenze. Che possono, nel prosieguo, risultare utili per se ed i propri congiunti.  Ovviamente ciò senza mettere in dubbio la valenza  etica e sociale della meritocrazia.  Ma senza ignorare che anche i buoni rapporti  interpersonali possono a volte facilitare la vita. Ciò che non fu, per la vita travagliata di Marina Cvetaeva. Che aveva  il vezzo (se tale si può definire) di riversare nei suoi versi, senza infingimenti, la limpida pienezza dei suoi sentimenti. Avendone un discreto successo, ma non in patria, dove era malvista e perseguitata, e neanche, presso la comunità russa che si era rifugiata all’estero.  Con la quale era impossibile avere qualsivoglia rapporto di frequentazione o d’altro genere. E tracciando un bilancio della propria vita, così scriveva:


Io che una volta ero orgogliosa e altera,
in Paradiso sto con una zingara,
ed ecco che umilmente ora la prego:
Balla, zingara, balla la mia vita”.
Ed a lungo dura l’agghiacciante ballo,
la vita mi si srotola davanti
insensata, sonnambula, bellissima
e ripugnante come un brutto sogno…
Ah che ricchezze ho avuto un tempo !
e, soprattutto, angoscia da morire.
       11/7/1910. Marina Cvetaeva


La Dacia dell’immagine ( che trovasi a Korolev, in Via Borgomolova 1/24) è quella del modesto museo provvisorio ove si trovano le poche suppellettili che hanno accompagnato nella sua vita  Marina Cvetaeva.

 Bluewind

 

 

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