SPAZIO INFINITO (Eleonora D'Aquitania)

                                Spazio Infinito (Eleonora D'Aquitania)


Fu un’incontro improvviso, in un bosco dal fogliame verdissimo, ove Robin Hood stava tendendo un agguato
  e si imbattè in Eleonora e la sua scorta, in viaggio di trasferimento in altro castello del re Enrico II d’Inghilterra.
Avrebbe dovuto depredarla ma si limitò a sorriderle (ed a liberarla).
Lei lo ricambiò a suo modo.
Con un sorriso che poteva anche sembrare una invitante lusinga.
Sino ad allora Eleonora era vissuta come una schiava, nella pompa, nel lusso ma pur sempre in una schiavitù, anche se regale.
La sua principale attività era quella di mettere al mondo una figliolanza. Procreò in tutto dieci fgli (solo tra i 29 ed i 34 anni ne mise al mondo 5) Avendo dato al primo consorte, re Luigi VII di Francia, (sposato quando Lei aveva solo 13 anni) solo due o tre figlie femmine e nessun maschio, venne ripudiata.
Ma rispettando tutte le regole (civili ed ecclesiastiche) del caso.
Secondo le quali se da un lato veniva imposto di non rompere mai l’unione coniugale (trattandosi in sostanza di un sacramento), dall’altro v’era l’esigenza (quando di volta in volta ne sorgeva l’opportunità) di scioglierlo qualora gli sposi fossero tra di loro parenti entro il VII grado.
Conseguentemente in tal caso il matrimonio non doveva essere neanche sciolto poiché in effetti non esisteva affatto, non trattandosi di un vero matrimonio in quanto incestuoso, anche se, a volte,si riteneva più conveniente ricorrere ad un apposito cerimoniale, per dare solennità e sacralità all’evento.
Oltretutto di tale consanguineità tra i due coniugi non si era accorto mai nessuno, nonostante gli undici anni ormai trascorsi.
V’è inoltre da rilevare che se il principio di invalidare il rapporto coniugale in conseguenza della consanguineità tra i coniugi fosse stato applicato, di fatto, erga omnes, nessun matrimonio tra i reali e gli aristocratici si sarebbe salvato, perché era consuetudine sposarsi tra parenti, per compattare ed incrementare i patrimoni famigliari, poiché il consorte acquisiva, in relazione al vincolo coniugale, il patrimonio della sposa.
Nel caso di Eleonora, trattavasi del ducato di Aquitania, comprensivo di beni materiali ed umani (questi ultimi erano i servi con le rispettive famiglie, che venivano considerati come facenti parte indissolubile dei terreni e della signoria).
Il pontefice, Eugenio III, inizialmente effettuò una riconciliazione, che peraltro riuscì,ed a tal punto, che venne persino celebrato un secondo matrimonio tra gli stessi sposi in precedenza considerati incestuosi; vennero altresì rinnovati tutti i riti connessi, ivi compreso l’accompagnamento solenne della coppia da parte del corteo papale verso il letto nuziale, sontuosamente addobbato, mentre il papa, apostolicamente sorvegliava che tutto si svolgesse nel modo più soddisfacente.
Tale partecipazione visiva non deve meravigliare, trattandosi di una abituale consuetudine dell’epoca. Infatti, “a partire da Versailles, la camera da letto reale diventa il secondo punto focale della pianta del castello.Quì si trova il letto, messo su come un palcoscenico, su una piattaforma rialzata, un trono per stare sdraiato, separato mediante un tramezzo dallo spazio degli spettatori, così che in effetti questo spazio è il palcoscenico delle cerimonie del lever e cucher, che elevano ciò che vi è di più intimo a pubblica significanza”. (cfr. R. Alewyn “Das grosse Welttheater “ Hamburg, 1959; il brano è riportato da J. Habermas, noto sociologo della scuola di Francoforte, nella sua “Storia e critica dell’opinione pubblica”)
Nonostante il buon esito della predetta cerimonia, si verificò in seguito una nuova crisi coniugale ed un nuovo scioglimento.
Ciò venne ufficialmente motivato dalla particolare sterilità di Eleonora, che non era in grado di procreare figli maschi ma solo femmine.
Ma che tale inedito tipo di sterilità non fosse attribuibile ad Eleonora lo farebbe pensare la fecondità successiva di costei intervenuta con Enrico II d’inghilterra, allorchè mise al mondo 5 maschi e 3 femmine.
Tale consorte (Enrico II) non si era mai molto curato di lei.
L’aveva portata con sè quando aveva interesse di mostrarla al suo fianco; l’aveva resa gravida dove capitava. La trascurava con continuità, passando il tempo con altre donne.
Poi, facendo mostra di credere alle voci malevole che circolavano sul suo conto, e da lui stesso, sembra, suggerite e sollecitate, la rinchiuse nel monastero di Fontevrault, ove attualmente riposa, questa volta non solo figurativamente, al suo fianco.
Non deve meravigliare la catastrofica situazione concernente il gentil sesso nell’epoca sopra descritta, perché sia nel gossip, sia in certe riviste specializzate, tale situazione persiste tuttora, avvalorata, talvolta, da alcune non significative rappresentanti di tale sesso, che appaiono non già sottomesse al compagno di turno, giovane o vecchio non ha importanza, ma prevalentemente al suo danaro od alla sua posizione di potere (che è la stessa cosa).
Anche nel secolo scorso, un’apparentemente valido esponente del mondo culturale, Elias CANETTI, ebbe a ricevere il premio Nobel negli anni 30 per il suo romanzo “Die Blendung” ,nell’edizione inglese “Auto da fè” (romanzo che ha suscitato l’ammirazione di Thomas Mann e di Musil) ove, tra l’altro, si legge:” Esattamente al centro della cappella Sistina Eva viene creata dalla costola di Adamo…. Adamo dorme.Se fosse stato sveglio si sarebbe tenuta stretta la sua costola. Ahimè, il suo fugace desiderio d’avere una compagna doveva riuscirgli fatale!.....Quando Adamo si desta, Dio li lascia crudelmente soli: lei si inginocchierà a mani giunte davanti all’uomo come davanti a Dio, sulle labbra le stesse lusinghe, fedeltà negli occhi, brama di dominio nel cuore e l’istigherà alla lussuria, perché lui non possa più sfuggirle……Adamo ama Eva, il secondo essere, l’altro da sé, il male, la sventura. Le perdona di essere ciò che è: la sua costola enfiata. Dimentica, e da uno divengono due. Che miseria nei secoli dei secoli !”.
Per quanto riguarda la povera Eleonora, non può dubitarsi della circostanza che, in vita, ebbe a subire una serie innumerevole di violenze, persino da parte dei più stretti consanguinei,(come sembra, padre compreso); violenze che avvenivano in ogni luogo e cioè ovunque si accendessero le voglie del maschio di turno, spesso sollecitate dalle abbondanti libagioni o dall’impulso, fortemente stimolante, di esercitare il proprio potere di sottomettere la donna al suo estemporaneo desiderio.
Senonchè trattavasi pur sempre, secondo i canzonieri che si ispiravano alla moda del tempo, di accettabilissime manifestazioni del così detto, amor cortese, di cui tanto si è in seguito favoleggiato.
In pratica ad Eleonora, a parte la cocente umiliazione per aver dovuto sottostare a tali forzati rapporti (e per averli dovuti, in qualche modo, assecondare), di essi era rimasto solo un ricordo del puzzo di cavallo e di sudore che il così detto cavaliere portava da tempo con sè.
Poteva trattarsi dell’odore tipico dell’equitazione, della caccia, del combattimento, della crociata e di quant’altro ma l’odore era sempre lo stesso, acre e persistente anche sulla donna, persino dopo che erano terminate le anzidette esercitazioni erotiche.
La base culturale di tali consuetudini si basava sul presupposto, quasi catechistico ( in quanto prevalentemente enunciato in opere di uomini della Chiesa, monaci o canonici), che la donna andava, in un certo senso, punita e non doveva in alcun modo godere (nel rapporto). E normalmente ci si riusciva.
Infatti il maschio doveva considerarsi l’eletto e la donna la sua schiava, della quale disporre a proprio piacimento, in qualsiasi luogo e modo.
Per quanto riguarda Eleonora, aveva convissuto abitualmente con tali soperchierie. Le aveva subite praticamente da tutti.
Allorchè ebbe a convivere con Robin Hood (si trattò sostanzialmente di un’incontro inizialmente solo di corpi ma, dopo qualche tempo, anche di una convivenza di anime ) si rese conto che costui non solo redistribuiva alla povera gente quanto le era stato autoritariamente sottratto ma manifestava altresì, con iniziative talvolta plateali, l’esigenza di dare una risposta concreta e punitiva all’oppressione, rendendo visibile la necessità di instaurare un clima di reciproca condivisione all’assolvimento di quelli che sono i presupposti di un vivere civile.
Il loro breve incontro ebbe termine dopo un tempo limitatissimo, allorchè Eleonora ebbe a raggiungere i suoi numerosi figli, onde potersi occupare di essi.
Ebbe a scontare la breve fuga, sostanzialmente per l’eternità; infatti, essendosi associata per un breve periodo ad un difensore degli oppressi (Robin Hood), dovette subire, attraverso gli scritti dei gazzettieri e degli storici del tempo ed anche di quelli successivi, le denigrazioni più infamanti sulle vicende che la riguardavano..
Finchè visse, venne “ospitata” ( e cioè reclusa) inizialmente nel castello di Chinon e, dopo la morte del consorte, nel monastero di Fontevrault,( luogo destinato alla permanenza delle vedove regali e dell’aristocrazia), ove passò gli ultimi anni della sua vita.
Continuò comunque a sopravvivere.
Aveva ormai compreso che la vera esistenza non era solo quella da lei vissuta e che stava vivendo, ma poteva essere anche diversa, come sembrava suggerirle lo spazio infinito della mente e del cuore…….



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