venerdì 28 settembre 2012

VUOTI A PERDERE


 VUOTI A PERDERE

E’ la quiete che precede la tempesta. (e poi lo sfacelo). Quella dell’arte raffigurativa italiana degli anni 20/30. Con la (simpaticissima) “Donna al caffè” di Antonio Donghi. E la “Ragazza in bianco” di Gigi Chessa. Sono ambedue in attesa. Ma sembrano vuote. Dentro. Senza pulsioni. Senza una finalità. Sono semplicemente in attesa. Ma la loro sembra essere un’attesa senza scopo. E’ la stessa attesa con il suo vuoto di idealità concrete che permea la società italiana anni 20 e 30. Ma è una vuotezza che è stata colmata dal sopraggiungere della muscolarità in maschera del successivo ventennio.  Cioè con il successivo sfacelo. Ed anche in questo caso l’arte (figurativa) ha, per così dire, dato corpo alle ombre. Offrendo un contenuto visivamente raffigurativo alle esigenze di “ordine e progresso  che sembrano essere preminenti nella società italiana degli anni 20. Cercando   giustificare “il dopo” con quello che sembrava esserci “prima”. Con il “prima rappresentato da quegli edifici già in dissolvimento anteriormente alla loro definitiva demolizione (cfr il dipinto di Mario Sironidemolizione dei borghi”)  ed aforisticamente rappresentativi dello stato della società italiana degli anni 20. Con il successivo sopraggiungere  dell’” ordine ricostituito”, rappresentato  da altre opere di M.Sironi (tra le quali “l’industria”,” Periferie” e quant’altro). Nonché da altre opere anch’esse raffiguranti la muscolarità della “italica gens” e cioè raffigurative di una “razza forte”, una “super razza”. Che forse sono uno strizzare l’occhio a quello che sopraggiungerà in seguito. (La difesa della razza ?).

Bluewind

 

Nessun commento:

Posta un commento