lunedì 9 gennaio 2012

LUCI E ZONE D'OMBRA


LUCI  E  ZONE  D’OMBRA

In effetti uno dei principi che sembrano regolare la nostra attuale esistenza è (oltre al principio di indeterminazione) il principio di contraddizione. (Ciò in attesa che, nel nostro prosieguo, si chiarisca eventualmente che tratterebbesi di una contraddizione inesistente. Che sussiste esclusivamente poiché ci è stato attribuito, nella nostra esistenza terrena, solo la capacità di vedere poco….molto poco. Escludendo in questo “poco” le ragioni effettive e la struttura di ciò che scorgiamo). DERRIDA fa, per così dire, a mani basse, costante applicazione del suddetto principio (di contraddizione).  Per Lui “si è veri filosofi solo non essendolo”. (E, secondo WW, ci riesce benissimo). “Si è filosofi….solo facendo i distruttori della filosofia”. A tale teoria è stata attribuita la denominazione di “decostruzione”. (dei concetti, delle teorie filosofiche e non solo). La tecnica è questa: si prendono due o tre parole, e ci si realizza un gioco nel quale si fa ricorso al sofisma. Per evidenziare che ciò che tali parole rappresentano è del tutto inesistente o completamente diverso da ciò che vorrebbero indicare. E così le dicotomie natura/spirito, corpo/anima, essere /divenire si trasformano in qualcosa di diverso o di inesistente. In conseguenza della loro dialettica e reciproca contraddittoria ma irrinunciabile interdipendenza.  Che non le fa veramente antitetiche, poiché l’una non potrebbe concepirsi se non esistesse l’altra. Infatti lo stesso “essere” (al presente) non potrebbe concepirsi  se non ci fosse, in sua contrapposizione e delimitazione, anche il “divenire”. Ma in tal caso l’essere non esisterebbe, in quanto conterrebbe in sè (in un rapporto di inevitabile interdipendenza)  anche il “divenire”. E la stessa sorte toccherebbe anche a quest’utimo. Nichilismo assoluto. In tal modo anche la nostra stessa esistenza risulterebbe annullata. Infatti, come sostiene Derrida, la nostra vita è un continuo misurarci con l’idea della nostra fine. E quindi nel nostro essere in vita è già presente una forma di mortalità. Prima ancora che quest’ultima intervenga. Conseguentemente se la nostra mortalità fa parte della nostra vita e se con essa ci misuriamo costantemente ciò significa che vivere e filosofare è, in sostanza, un’imparare a morire. Che costituisce premessa fondamentale per imparare a vivere. Questa teoria  (e tutte le precedenti) fanno venire alla mente il sofisma di Achille e la freccia, con il quale Zenone ritenne di dimostrare l’inesistenza del movimento. E dai “Promessi Sposi” interviene anche Don Ferrante, (reclamando, in ordine a ciò, una specie di primogenitura) poichè, nonostante avesse dimostrato l’inesistenza della peste, ne venne ugualmente colpito. A questo punto potrebbe farsi entrare in scena PIRANDELLO con la sua battuta finale del “Così è ( se vi pare)” : “Ed ecco, Signori, così parla la verità” (volge attorno uno sguardo di sfida derisoria) “Siete contenti ?” (scoppia a ridere) “Ah !, ah !, ah !...”

L’immagine che accompagna il post potrebbe anche significare che…..non è tutta luce quella che brilla… (in effetti vi si intravedono molte zone d’ombra…piuttosto scure).

Westwind 








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