Qualcosa sta
seguendo il suo corso naturale
( Beckett, Munch)
( Beckett, Munch)
L’” URLO”
(nella sua quarta versione) di Munch
è stato ceduto ieri da Sotheby’s di New York ad un ignoto acquirente
per la cifra astronomica di 120 milioni di dollari. Ma la sua immanenza
simbolica come irrinunciabile condanna di tutte le violenze e discriminazioni
era già da tempo proprietà comune, nei cuori e nelle coscienze, di tutto il
genere umano. Come GUERNICA di P.Picasso.
In ambedue i casi trattasi di aforistiche allucinazioni figurative di ciò che sarebbe
avvenuto in seguito (l’Urlo è del
1893 e prefigura le incredibili atrocità della 1° e 2° Guerra mondiale) o di
ciò che già era avvenuto e si sarebbe ripetuto anche successivamente (GUERNICA è di epoca successiva alla
guerra di Spagna ed ha costituito una specie di prova generale della 2° guerra
mondiale).
Sorge spontaneo l’associare, mentalmente, a queste immagini il Finale di partita e l’ Aspettando Godot di S.Beckett, opere anch’esse rivelatrici della reale condizione umana in generale e della impossibilità, per l’umanità intera, di fuoriuscirne, eliminando le congenialità ad essa immanenti delle sofferenze, delle pulizie etniche, e dell’aridità coerente con l’esistenza medesima. E della irrinunciabile condanna, per l’umanità intera, a subire od assistere necessariamente a tali eventi, ai quali “non possono sopravvivere neanche i sopravvissuti”.
Poiché questo è il nostro mondo di sempre (di ieri come di oggi e di domani), quello in cui gli uomini sono condannati a vivere. “Ormai siete al mondo…non c’è più rimedio !...La fine è nel principio !...” (S.Becket, Finale di partita). Ed anche l’opera d’arte, secondo Adorno, deve misurarsi con questa negatività del presente e dell’esistenza umana, ricavandone la sua positività proprio nella rappresentazione artistica della sua negatività. E, comunque (secondo Aspettando Godot) si è sempre in attesa di qualcosa di nuovo. Che dovrebbe arrivare. Che arriverà. Che non può non arrivare. Ma che non arriverà. Mai….mai.
Sorge spontaneo l’associare, mentalmente, a queste immagini il Finale di partita e l’ Aspettando Godot di S.Beckett, opere anch’esse rivelatrici della reale condizione umana in generale e della impossibilità, per l’umanità intera, di fuoriuscirne, eliminando le congenialità ad essa immanenti delle sofferenze, delle pulizie etniche, e dell’aridità coerente con l’esistenza medesima. E della irrinunciabile condanna, per l’umanità intera, a subire od assistere necessariamente a tali eventi, ai quali “non possono sopravvivere neanche i sopravvissuti”.
Poiché questo è il nostro mondo di sempre (di ieri come di oggi e di domani), quello in cui gli uomini sono condannati a vivere. “Ormai siete al mondo…non c’è più rimedio !...La fine è nel principio !...” (S.Becket, Finale di partita). Ed anche l’opera d’arte, secondo Adorno, deve misurarsi con questa negatività del presente e dell’esistenza umana, ricavandone la sua positività proprio nella rappresentazione artistica della sua negatività. E, comunque (secondo Aspettando Godot) si è sempre in attesa di qualcosa di nuovo. Che dovrebbe arrivare. Che arriverà. Che non può non arrivare. Ma che non arriverà. Mai….mai.
Westwind
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